Social Network Mon Amour: vamping, fomo, e-challenge e nomofobia... il punto di vista della psicologia nell’epoca dei like.
I cambiamenti portati da Internet e dai Social Networks
Abbassare le tapparelle di casa, comprare un abito da sposa in una boutique francese, conseguire una laurea, pagare un bollettino senza coda in posta, prenotare un volo per Tashkent, scoprire che Tashkent è in Uzbekistan e scoprirne il ristorante più gustoso: sono infinite le possibilità offerte da Internet.
L’accessibilità da rete mobile ha amplificato esponenzialmente la sua fruibilità, tanto da accompagnarci in ogni momento della giornata, per lavoro, per comodità ma soprattutto per farci compagnia.
Un esempio lampante è dato dai social networks: in Italia gli account social attivi sono all’incirca 28 milioni, con un livello di penetrazione del 46%; su tutti Facebook, considerato lo strumento più utile per ogni esigenza, poi Youtube, Tripadvisor, Twitter e Instagram. Ma non solo.
Animo, Snapchat, Pinterest, Tumblr, Reddit, Lego Life, Music.ly, Raftr. Questi nomi potrebbero non dirci nulla ma rappresentano il quotidiano di migliaia di utenti ogni giorno.
Proprio attraverso un sapiente e avanguardista utilizzo di alcuni di questi social Chiara Ferragni ha creato il suo progetto editoriale “The Blonde Salad” e una linea di moda “Chiara Ferragni Collection”, con 24 dipendenti e un giro di affari milionario che le hanno permesso di entrare nei 30 Under 30 di Forbes.
L’imprevedibile potere dei social si è però palesato anche nel triste caso di Tiziana Cantone, le sue riprese durante un momento molto intimo sono state messe online e ne sono derivati meme e hashtag, mettendo in moto un inarrestabile fermento sui social.
Una ragazza che si è trovata di colpo al patibolo, messa alla mercé della pubblica piazza che ne voleva vedere rotolare la testa: dimenticandosi di scagliarsi contro un essere umano, con una sensibilità, dei sentimenti e una famiglia.
Analfabetismo emotivo
Il quadro ora descritto può essere ricondotto a ciò che Goleman definisce analfabetismo emotivo. Per quanto l’esperienza sociale possa essere elevata, i social media estrapolano la corporeità della persona dall’interazione sociale sostituendola con un insieme di informazioni frammentate di natura multimediale. Diventando tutto un post, una foto, un link o una notifica si perdono gli importanti feedback e reazioni emotive dell’altro nello scambio relazionale.
La presenza del corpo è un elemento facilitante nel processo di comprensione delle intenzioni ed emozioni altrui, quindi nel processo di alfabetizzazione emotiva: se gli interlocutori sono privati del loro corpo e interagiscono assiduamente attraverso un medium, aumenta il rischio di favorire l’analfabetismo emotivo.
Like addiction, challenge, nomofobia e vamping
I soggetti maggiormente esposti ai potenziali rischi sono più giovani e l'Osservatorio Nazionale Adolescenza ha cercato di fornire una fotografia della situazione attuale, individuando in like addiction, challenge, nomofobia e vamping le nuove patologie da iperconnessione.
Il vamping consiste nella tendenza a trascorrere numerose ore notturne sui social media, così come tenere a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno, notte compresa, per leggere le notifiche e i messaggi, in modo da non essere tagliati fuori, altra patologia emergente legata all’abuso dello smartphone (Fomo - fear of missing out). A tal proposito la nomofobia (da no-mobile-phone) rappresenta la fobia legata all’eccessiva paura di rimanere senza telefono o senza connessione a internet, al punto di generare ansia, rabbia e fastidio.
L’aspetto che caratterizza i social di oggi sono i selfie, i famosi autoscatti, dove si è disposti a tutto pur di ottenere like, modifiche estreme con app o siti professionali, fino a seguire diete dimagranti per piacersi di più nei selfie. Il dato più allarmante riguarda la propensione a farsi selfie pericolosi, mettendo anche a repentaglio la propria vita pur dimostrare il proprio coraggio.
Un esempio è dato dalle 'challenge' o 'sfide social' che comprendono tutte quelle catene che nascono sui social network in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag. Lo scopo in genere è di postare un video o un’immagine sul tema richiesto per poi nominare altre persone a fare altrettanto, diffondendosi a macchia d’olio nel web. Nulla di allarmante se queste challenge non riguardassero anche giochi alcolici ed ostentazione di un’eccessiva magrezza, favorendo preoccupazioni rispetto al proprio fisico e conseguenti disturbi nella sfera alimentare.
L’adolescenza è l’età della ricerca della propria identità, della sfida, della trasgressione ma anche dell’approvazione e del continuo riferimento al gruppo di pari. Per i giovani 2.0 l’accettazione sociale si misura in like e followers: il loro numero accresce l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Se ciò non accade si sperimenta un vissuto negativo, di rabbia e di non apprezzamento.
Le relazioni ai tempi dei social
I rapporti che avvengono sui social non sono però meno importanti di quelli reali: questi offrono l’occasione di conoscere persone che poi si incontrano realmente ed instaurare delle vere e proprie amicizie o relazioni sentimentali. Tale scenario indubbiamente migliora la qualità di vita e conseguentemente una diminuzione del rischio di mortalità.
Questo a patto però che i social networks non vengano fruiti in maniera passiva, come se si guardasse la televisione, come inermi e magari anche invidiosi spettatori delle vite altrui; ciò perché a volte le persone dimenticano che i profili social siano la nostra personale vetrina, una attenta selezione di post e foto che vogliamo mostrare agli altri per offrire un’immagine personale positiva.
Questa consapevolezza diminuirebbe i sentimenti d’invidia e il conseguente sviluppo di tratti depressivi, specialmente per Instagram che secondo una ricerca britannica è fucina di ansia, depressione e fear of missing out. Un utilizzo di tipo “surveillance” tende a provocare sentimenti d’invidia ed una serie di sintomi depressivi quasi dimenticando che il nostro profilo social è solo un’angolatura della nostra persona poiché difficilmente qualcuno pubblicherà contenuti che evidenzino il proprio essere deboli e sfortunati.
Gli anziani e i social
Spostandoci però ad una fase di vita più adulta, nell’ambito della psicologia del ciclo di vita, uno studio della University of Alabama ha scoperto che ultracinquantenni che frequentano regolarmente siti di social networking hanno un terzo probabilità in meno di ricevere una diagnosi di depressione, questo perché gli anziani, spesso ostacolati da una ridotta mobilità, riuscirebbero più agevolmente a mantenersi in contatto con amici e parenti così come ampliare le loro reti sociali.
In aggiunta, un studio condotto alla University of California ha rilevato importanti mutamenti neuronali a seguito all’utilizzo di Internet per la prima volta: la navigazione in Rete infatti stimola l’attività delle cellule nervose e potrebbe aumentare il funzionamento del cervello negli adulti più anziani.
Alla luce di questi risultati Internet parrebbe un valido aiuto nel condurre una vita indipendente, nel facilitare i contatti con amici e familiari e nel fornire informazioni utili a prendere decisioni su molte questioni, dalla salute ai viaggi.
I benefici del blogging
Ma i benefici non si riducono solo agli anziani, il blogging infatti è capace di indurre benefici psicologici, né è prova la psicologia scolastica, in adolescenti che soffrono di ansia sociale e disagio emotivo, di migliorare la loro autostima e di aiutarli a comprendere meglio i loro amici, aumentando anche il numero di comportamenti prosociali. Scrivere un diario personale e in generale le forme di scrittura espressiva sono un ottimo modo per liberare lo stress emotivo o anche solo sentirsi meglio, permettendo la libera espressione e facilitando la comunicazione con gli altri.
I benefici del blogging sarebbero ancor maggiori rispetto all’uso del tradizionale diario privato poiché, nonostante il cyberbullismo e gli abusi on-line siano comuni, la possibilità di ricevere commenti da parte della comunità on-line ha intensificato questi giovamenti.
Conclusioni
Concludendo, molte equipe di professionisti psicologi esperti in social network e nuove dipendenze, concordano su alcuni fatti reali: il mondo digitale non è un nuovo mondo, ma il nuovo mondo nel quale l’uomo è inevitabilmente immerso; cercare di sottrarsi alle sue nuove trame è anacronistico, perché sarebbe come svincolarsi dalle regole della società contemporanea. La mente costruisce l’ambiente ed analogamente l’ambiente interagisce con la mente che vi è immersa, modificandola: questa reciproca influenza è tale da generare un’accelerazione evolutiva, al punto che qualcuno parla di Homo Sapiens Digitalis.
Internet non è più uno strumento, un accessorio, una comodità ma una sorta di protesi, un’estensione del Sé. Questo Sé digitale non annulla il Sé reale ma lo amplifica.
Senza il bisogno di intermediari per esporsi al mondo, il Sé digitale si mostra direttamente al mondo con innegabili vantaggi in termini di libertà ma anche con i sovracitati innegabili rischi di una relazione senza mediazioni. La chiave? Forse, come in ogni cambiamento epocale , trasformare i limiti in riorse, le patologie in possibilità terapeutiche ( si pensi ad esempio alla consulenza psicologica on line, e così via)…
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